Batte forte il cuore di CNA Bologna in favore degli alluvionati [...]
Pubblicato il report Ismea sulle tendenze del settore lattiero-caseario e le recenti dinamiche che hanno portato ad una contrazione della produzione e ad un conseguente aumento straordinario del prezzo.
La produzione di latte risulta in calo nei principali paesi esportatori (-0,9% a marzo 2022 e -1,1% nei primi tre mesi dell’anno), a causa dell’impennata dei prezzi degli input e delle avverse condizioni meteorologiche in alcuni bacini produttivi. Di fronte alla contrazione dell’offerta si è registrato uno straordinario aumento del prezzo del latte (a marzo 43,5 euro/100 kg nell’UE) trainato anche dal rialzo delle quotazioni di burro e polveri magre. Nel mese di aprile, secondo la Commissione Europea, il prezzo del latte nell’UE27 è nuovamente salito di oltre il 9%, fino a sfiorare il livello record 46 euro/100 kg (+29% rispetto allo stesso mese del 2021). Il prezzo è in aumento particolarmente nei paesi esportatori di commodity, con un picco di 48,5 euro/100 kg (+35% rispetto a marzo 2021) sia in Germania sia nei paesi Bassi, e 46,9 euro/100 kg in Danimarca (+26%). Le stime per il mese di maggio indicano un’ulteriore crescita (+3%) e il prezzo medio dell’Ue potrebbe arrivare a superare i 47 euro/100 kg, in particolare come conseguenza dell’impennata del valore del latte trasformato in burro e polveri magre.
In forte aumento i costi di produzione del latte nel 2021
Il mercato mondiale del latte scremato in polvere sta registrando forti turbolenze, a causa da un lato della ridotta disponibilità nell’emisfero settentrionale e un conseguente calo delle esportazioni (USA -8% e UE -22% nel primo trimestre 2022), dall’altro, delle minori importazioni da parte della Cina (-16% nel primo trimestre 2022) principalmente a causa delle difficoltà logistiche ancora connesse al Covid. La minore produzione europea (-5,7% nei primi tre mesi del 2022) è principalmente legata al forte aumento dei costi di produzione e alla difficoltà di approvvigionamento di gas (che viene utilizzato nel processo di polverizzazione) da parte di alcuni paesi comunitari, come la Polonia che è il quarto produttore UE di latte scremato in polvere, fortemente dipendenti dalle forniture di gas russo. In calo anche la produzione UE di burro (-3,3% nei primi tre mesi del 2022), che, associata alla forte richiesta interna anche grazie alla piena ripresa delle attività di ristorazione, bar e pasticcerie, sta facendo registrate quote mai viste nelle principali piazze di scambio europee, arrivando a superare nell’ultimo mese il livello di 7.000 euro/t (+72% rispetto a maggio 2021). Ugualmente in flessione la produzione UE di formaggi (-0,9%) e, anche in questo caso, le tensioni sul fronte della domanda hanno determinato un significativo rialzo dei listini con i prezzi dell’Edamer che hanno raggiunto i 4.770 euro/t, segnando nel mese di maggio una crescita del 47% rispetto a un anno fa.
In Italia l’aumento dei costi ha indotto gli allevatori a frenare la produzione, non solo per contenere le perdite ma anche per far fronte alle difficoltà di approvvigionamento dei mangimi: dopo il +3,3% realizzato nel 2021, le consegne di latte in Italia hanno invertito la tendenza segnando nel primo trimestre 2022 un -0,2%. La minore disponibilità di latte a livello nazionale e, soprattutto, da parte dei principali fornitori UE, ha fatto significativamente aumentare i prezzi alla stalla. In aumento nei primi quattro mesi del 2022 anche i listini dei principali prodotti guida del mercato nazionale (+3% per i formaggi duri e +10% per i formaggi molli su base tendenziale). I prezzi degli alimenti zootecnici sono cresciuti sensibilmente a partire dall’inizio del 2021 per motivazioni essenzialmente legate alla disponibilità a livello mondiale, ma con l’aggravarsi della crisi tra Russia e Ucraina nel mese di marzo 2022 sono stati toccati livelli tra i più alti degli ultimi dieci anni: i prezzi del mais di origine nazionale sono passati da 278 €/ton di gennaio ai 382 €/ton di marzo 2022, con un incremento di oltre il 37% confermato anche per il prodotto di provenienza comunitaria; per la farina di soia il picco è stato raggiunto nel mese di marzo con 584 €/ton (+32% rispetto allo stesso mese del 2021 e +58% rispetto al 2020). Per entrambi i prodotti, la corsa al rialzo sembra essersi arrestata ad aprile-maggio, ma permangono livelli nettamente superiori al biennio precedente. La dinamica è confermata anche dall’indice Ismea dei prezzi degli input produttivi che per gli allevamenti bovini da latte segna complessivamente un incremento del 19,5% nei primi quattro mesi del 2022, proprio sotto la spinta dei mangimi (+27%), ma anche dei prodotti energetici – energia elettrica e carburanti – in aumento di oltre il 61%.
Le pressanti richieste da parte dell’industria, anche in considerazione dell’incremento della domanda di formaggi – soprattutto da parte dei clienti esteri – hanno fatto lievitare anche i listini del latte “non contrattualizzato”, con lo spot che sulla piazza di Milano nel mese di maggio ha esordito con un valore di oltre 53 euro/100 kg (20 euro/100 kg in più rispetto a un anno fa).
Per quel che riguarda il commercio estero, per il secondo anno consecutivo, nel 2021 la bilancia commerciale del settore lattiero caseario nazionale è risultata in attivo per un valore di 493 milioni di euro, in particolare grazie allo straordinario fatturato realizzato sui mercati esteri dal segmento dei formaggi, con 3,6 miliardi di euro di prodotti esportati (+12,3% in valore rispetto al 2020). Le esportazioni di formaggi e latticini italiani hanno continuato a crescere anche nei primi due mesi del 2022 registrando variazioni di +22,8% in volume e +26,9% in valore. I principali mercati di destinazione per i formaggi italiani si confermano quelli europei, Francia e Germania in primis, ma è importante segnalare una prima inversione di tendenza dopo la Brexit per quanto riguarda le spedizioni verso il Regno Unito e il grande slancio anche per le destinazioni “a stelle e strisce” (rispettivamente +22% e +11% in volume nel bimestre gennaio-febbraio 2022). La dinamica positiva di inizio anno ha riguardato tutti i prodotti storicamente più esportati, nella maggior parte dei casi con variazioni tendenziali a due cifre: Grana Padano e Parmigiano Reggiano (+19% sia in volume sia in valore rispetto a gennaio-febbraio 2021, segnale di una certa stabilizzazione dei prezzi medi all’export), Gorgonzola (+16% in volume e +20% in valore), mozzarella (+28% in volume e +35% in valore) e formaggi grattugiati (+24% in volume e +27% in valore). La ripresa della domanda interna, con il ritorno a pieno ritmo delle attività di ristorazione, ma anche delle attività scolastiche e la progressiva riduzione dell’homeworking, hanno ridato impulso anche alle importazioni di formaggi (+24% in volume nei primi due mesi del 2022), in particolare di freschi e di grattugiati. In aumento anche le importazioni di burro (+10,6% in volume) e yogurt (+4,4% in volume).
Per quel che riguarda la domanda domestica, con il progressivo ritorno alla routine – il rientro in ufficio, la ripresa della scuola in presenza e la riapertura di bar, ristoranti e pizzerie – i consumi domestici di prodotti lattiero caseari si stanno progressivamente riposizionando su dinamiche pre-Covid. In particolare, gli acquisti delle famiglie presso il canale retail risultano in flessione nei primi tre mesi del 2022 (-4,3% rispetto allo stesso periodo del 2021), in corrispondenza di una contrazione meno che proporzionale della spesa (-2,3%), segnale di un deciso aumento dei prezzi medi al consumo (+2,1%). In dettaglio, le flessioni più rilevanti dei consumi si registrano per il burro che, come verificatosi per altri prodotti base quali uova, farina e altre materie prime con cui durante il periodo delle restrizioni ci si è cimentati in preparazioni casalinghe, ha evidenziato un calo del 15% in volume rispetto a gennaio-marzo 2021. Significativa anche la contrazione dei consumi di formaggi (-5,7% in quantità), che ha interessato in misura omogenea tutti i vari segmenti merceologici. Meno intensa la flessione registrata dai formaggi duri, probabilmente grazie a un maggiore ricorso alla leva promozionale nei punti vendita. In flessione anche i consumi di yogurt (-5,4% in quantità), sebbene si tratti di un comparto che tende a innovarsi velocemente nel tentavo di soddisfare nuove esigenze dei consumatori: ad esempio, alcuni brand nazionali stanno innovando il packaging ritornando al vasetto di carta in risposta all’obiettivo di ridurre in modo significativo l’impiego della plastica; altre innovazioni stanno riguardando proprio la gamma di offerta, come nel caso di alcuni big player globali che , oltre a continuare a investire sulle soluzioni “senza lattosio”, stanno introducendo prodotti ad hoc per soddisfare la domanda di alimenti proteici adatti agli sportivi o a soggetti che seguono diete particolari.
Riflettendo sulle prospettive future è ragionevole ritenere che la tensione sul mercato lattiero caseario nazionale con molta probabilità si continuerà a mantenere su livelli elevati con prezzi sostenuti – sia alla stalla sia all’ingrosso – da una domanda molto vivace per i formaggi, soprattutto da parte dei compratori esteri, e la produzione di latte che si avvia verso il calo stagionale dei mesi estivi.