Batte forte il cuore di CNA Bologna in favore degli alluvionati [...]
PARMA – Una campagna difficile, in alcuni passaggi, ma alla fine positiva anche grazie ad un lavoro di squadra a più livelli, Op, Oi, Regione e Ministero, che ha permesso di affrontare tempestivamente l’allarme scattato in agosto per la concentrazione della maturazione della materia prima, programmata su più settimane. È questa la sintesi dell’annata 2020 per il pomodoro da industria coltivato nel Nord Italia.
A fare il punto della situazione Davide Previati, tecnico dell’Op Asipo. “La pianificazione dei trapianti, da aprile ai primi di giugno – spiega – è stata puntuale. Solo qualche azienda ha affrettato un po’ i tempi, complice l’anticipo delle piantine prodotte dell’ultimo scaglione nei vivai e memore di quanto era successo con la lunga campagna del 2019. Non si sono determinati particolari problemi di natura fitosanitaria durante il ciclo colturale e non ci sono state, fortunatamente, calamità naturali di rilievo. Le rese sono state buone già dai precoci: tra i 700-750 quintali per ettaro al cospetto di una media degli anni passati intorno ai 600/650”. Tuttavia i picchi di calore di fine luglio ed inizio agosto hanno fatto sì che blocchi di materia prima trapiantati dal 20 aprile al 10 maggio si sovrapponessero al momento della maturazione. Un aspetto che, abbinato alle buone rese produttive di quest’anno, generalmente superiori a 800 quintali per ettaro, ha imposto ritmi di conferimento molto sostenuti, dal 10 di agosto alla fine del mese, mettendo a dura prova la già alta capacità di trasformazione delle industrie. Ed è proprio in quel momento che la filiera ha fatto sistema.
“Il 18 agosto l’assessore regionale all’Agricoltura dell’Emilia Romagna, Alessio Mammi, a seguito delle segnalazioni giunte dall’OI Pomodoro da industria del Nord Italia e poi dalle Op, ha fatto richiesta al Ministero delle Politiche Agricole per l’attivazione della procedura di ‘mancata raccolta’ prevista nella misura 6 Gestione delle crisi dell’Ocm Ortofrutta. C’è stata una risposta pronta ed efficace da parte del Ministero, nel concedere l’attivazione della misura applicata per la prima volta in Italia, e della Regione, nel definire il protocollo operativo, che ha fatto si che già il 25 agosto si potesse procedere all’individuazione delle superfici destinate al ritiro dal mercato e fossero messi a disposizione gli indennizzi derivanti dai piani operativi dell’Ocm Ortofrutta”. Una serie di fattori positivi, come i ritiri sostenuti da parte delle fabbriche ed un clima favorevole, hanno poi permesso di limitare i danni su un quantitativo ridotto di ettari, rispetto ad una problematica di sovramaturazione che avrebbe potuto essere molto più grave.
“Dobbiamo ringraziare la Regione Emilia Romagna, l’assessore Mammi e tutto lo staff regionale, con i vari uffici provinciali del Servizio Agricoltura – ha aggiunto Previati – per una risposta così reattiva, condivisa poi anche dalle regioni Lombardia e Veneto”.
Superate le difficoltà di agosto, la campagna è poi proseguita senza particolari intoppi nel mese di settembre. La qualità, in termini di grado brix, è stata buona, a maggior ragione in considerazione dell’alta resa produttiva. Si è avuto, insomma, tanto pomodoro, secondo quanto era stato programmato, e di buona qualità.
Al momento di andare in stampa (21 settembre) Asipo aveva conferito circa il 91% di quanto contrattato con una stima, a fine campagna, di raggiungere quota 96-97%. “E in chiave futura – conclude Previati – gli indicatori di mercato fanno ben sperare anche per l’annata 2021. Il mercato si prospetta tonico visto che i consumi rimangono buoni e le prospettive di fare ‘scorte di magazzino’ rimangono limitate”.
“Ci sono sperequazioni create da un mercato globale – lamenta Gallerani -, pensi ad esempio che il calo dei consumi di prodotti petroliferi, a causa della pandemia, ha reindirizzato lo zucchero utilizzato per produrre alcool sui mercati. Di conseguenza, i prezzi dello zucchero sono scesi e difficilmente riusciamo ad essere competitivi con le nazioni dell’America latina che dispongono di enormi quantitativi di zucchero di canna”. Il consumo di zucchero tendenzialmente è in calo, si attesta sui 5 chili circa pro capite all’anno -, e solo nel periodo di lockdown, c’è stata una impennata del 20% “che è durata solo una ventina di giorni – conclude Gallerani”.
I maggiori volumi di zucchero vengono assorbiti dall’industria alimentare mentre una piccola parte, appena il 20%, va alla distribuzione per un consumo domestico.