Riforma appalti pubblici: il commento di Cna

Riforma appalti pubblici: il commento di Cna

Dopo due anni dall’ entrata in vigore del nuovo Codice, nonostante il correttivo introdotto nell’ aprile 2017 e gli interventi di cosiddetta soft law, la riforma degli appalti, che in coerenza con le Direttive comunitarie, doveva articolarsi su alcune traiettorie fondamentali: semplificazione e trasparenza, riduzione degli oneri a carico delle imprese, ma soprattutto, facilitazione dell’accesso per micro, piccole e medie imprese  ha sancito senza alcun dubbio il fallimento dell’obiettivo politico e strategico di aprire la strada alle Piccole imprese.

Il bilancio dalla nuova regolamentazione, pur in un contesto di netto aumento del numero di gare espletate e di volumi appaltati (per servizi e forniture ma anche per lavori) registra una crescente insoddisfazione delle imprese in particolare di quelle di più piccole dimensioni.

L’accorpamento delle stazioni appaltanti, processo iniziato da qualche anno e che il nuovo codice ha confermato, registra il costante e progressivo aumento dell’importo a base di gara, che, inevitabilmente, tende ad emarginare le micro e le piccole imprese.

Appare assolutamente evidente che il processo di aggregazione della domanda ha generato concentrazione dell’offerta, la possibilità per le stazioni appaltanti di suddividere gli appalti in lotti, “al fine di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese”, è stata del tutto disattesa (a livello nazionale nel 2011 il valore medio dei lotti era di circa 600.000 euro, oggi supera il milione).

I comportamenti delle stazioni appaltanti, alla luce dei processi di aggregazione (Consip a livello nazionale, a livello territoriale, la Regione con Intercenter, le Città metropolitane, le CUC-Centrali Uniche di Committenza degli enti locali, con i cosiddetti soggetti aggregatori e società pubbliche e partecipate), adottando anche “prassi inopportune” e pressoché uniformi, facendo registrare una crescita del valore medio delle singole gare.  Operano, salvo rare eccezioni, con affidamenti mediamente superiori ad 1 milione di euro.

 In Emilia Romagna, il volume medio dei lotti negli ultimi 3 anni è più che raddoppiato (anche nelle gare sotto soglia) con metodologie che hanno penalizzato l’apporto delle imprese del territorio all’ esecuzione dei lavori pubblici.

In questo quadro si restringe sempre più lo spazio operativo delle PMI del territorio del settore delle costruzioni e degli impianti che stentano a trovare spazi nei lavori pubblici locali.

Tutto questo, nonostante il nuovo codice, all’art. 51, incoraggi le stazioni appaltanti a suddividere in lotti i grandi appalti, in modo che l’entità dei singoli contratti corrisponda meglio alla capacità delle imprese e nonostante Il legislatore statale, nell’approvare la Legge di Delega al Governo per il recepimento delle Direttive Comunitarie ha disposto che la normativa sui lavori pubblici (art. 1 lettera d, L. 11/2016) preveda: “valorizzazione delle esigenze sociali e di sostenibilità ambientale, mediante introduzione di criteri e modalità premiali di valutazione delle offerte nei confronti delle imprese che, in caso di aggiudicazione, si impegnino, per l’esecuzione dell’appalto, a utilizzare anche in parte manodopera o personale a livello locale ovvero in via prioritaria gli addetti già impiegati nel medesimo appalto, in ottemperanza ai principi di economicità dell’appalto, promozione della continuità dei livelli occupazionali, semplificazione ed implementazione dell’accesso delle micro, piccole e medie imprese, tenendo anche in considerazione gli aspetti della territorialità e della filiera corta e attribuendo un peso specifico anche alle ricadute occupazionali sottese alle procedure di accesso al mercato degli appalti pubblici”.

Fra le poche eccezioni la provincia autonoma di Trento, la quale, con propria legge, ha reso molto più stringente, per le stazioni appaltanti, l’obbligo della suddivisione in lotti.

Un esempio che andrebbe imitato anche a livello nazionale, se si vuole evitare che micro e piccole imprese siano costrette a lavorare esclusivamente attraverso subappalti.

Non possiamo non tenere conto delle caratteristiche del nostro tessuto produttivo ed escludere attraverso l’emanazione di bandi di gara dall’importo troppo elevato per gran parte delle imprese italiane.

Necessario, pertanto, individuare delle soluzioni normative che rendano la suddivisione in lotti (molto spesso sacrificata in virtù di un ipotetico risparmio) pressoché obbligatoria, eliminando, al contempo, ogni riferimento al lotto funzionale e al lotto prestazionale.

Tali principi debbono trovare concreta applicazione in atti di indirizzo assunti dagli organi di gestione politica ed amministrativa delle stazioni appaltanti per poi essere recepiti nei bandi di gara.

Chiediamo al Governo e al Parlamento, quindi, di intervenire con rapidità per porre rimedio a una situazione che sta mettendo fuori mercato le piccole imprese.

In attesa delle necessarie e urgenti modifiche al codice appalti chiediamo alle stazioni appaltanti territoriali:

  • Di applicare (tutte le volte che è possibile) nella procedura di scelta del contraente per lavori, servizi e forniture le condizioni e le soglie economiche previste per le procedure negoziate (art. 36 comma 2 lettere b-c del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. < 40.000 euro e da 150.000 euro a 1.000.000 euro) e gli affidamenti in economia (art. 36 comma 2 lettera a del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. < 40.000 euro), garantendo così l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese del territorio, valorizzando i principi della territorialità e della filiera corta.
  • quando per la procedura di scelta del contraente per lavori, servizi e forniture non siano applicabili le condizioni e le soglie economiche previste per le procedure negoziate, di adottare quale modalità di aggiudicazione prevalente dei propri appalti, quella dell’“offerta economicamente più vantaggiosa”, prendendo in considerazione non solo il prezzo offerto, ma anche la qualità dell’intervento proposto e la capacità progettuale del soggetto proponente secondo le modalità previste nelle determine ANAC, prevedendo un punteggio premiale per le imprese che realizzano in fase di offerta la filiera corta sia con riferimento alle forniture dei materiali che con riferimento all’affidamento dei lavori in subappalto.
  • dovranno inoltre essere recepiti negli atti di gara i prezziari locali e regionali più aggiornati elaborati da parte della Regione Emilia Romagna e/o dal Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche Lombardia-Emilia Romagna.
  • Nel caso di appalti di servizi e manutenzioni destinati a prolungarsi oltre il triennio saranno tenuti in debito conto anche gli aumenti di costo prevedibili a seguito dei futuri rinnovi contrattuali di primo e secondo livello.
  • perseguimento della regolarità in tema di contratti di lavoro, nel rispetto dei CCNL e dei contratti territoriali integrativi del settore del mercato di riferimento e sottoscritti dalle OOSS maggiormente rappresentative sia nella costruzione della base d’asta della stazione appaltante, sia nel rispetto della sua applicazione come requisito del soggetto contraente.

    Nel caso di lavori edili, la stazione appaltante verificherà che i DURC relativi alle imprese esecutrici di tali lavori includano l’attestazione di regolarità relativa al sistema delle Casse Edili.